Liberta’ di educare, liberta’ di imparare

IL CRESCENTE BISOGNO DI UNA SCUOLA CHE CAMBIA

Il 13 Settembre 2015 presso la Villa del Mulinaccio a Vaiano, si è tenuto il Convegno “Tutta un’altra scuola”. Organizzato e promosso da Terra nuova,  è stato un evento volto informare e presentare metodi educativi alternativi a quelli scolastici convenzionali e promuovere riflessioni sul rispetto della Pedagogia e Psicologia infantile nell’educazione e nell’apprendimento.

Il rispetto della libertà e della volontà nell’educazione

Sabino PavoneUno dei contributi più interessanti è stato proposto dal relatore Sabino Pavone, Presidente della “Libera Scuola Steiner-Waldorf Novalis”. La parola-chiave del suo intervento è stata <<libertà>>. Pavone ha usato questo termine non solo in riferimento al metodo educativo, ma soprattutto riguardo all’espressione del proprio talento e dell’esercizio della propria volontà da parte dell’individuo. Come ha spiegato nel suo intervento, nell’adulto il percorso che porta all’organizzazione di scelte dettate dalla volontà, parte dal pensiero, passa attraverso il sentimento, e quindi raggiunge la dimensione del “volere”. Nello sviluppo psicologico del bambino, tale percorso ha invece una direzione inversa. Inizia infatti con l’espressione di una volontà, apre le porte all’emotività ed al “sentire”, per poi arrivare al pensiero, attraverso cui il ragazzo manifesta la propria individualità.

A questo proposito Pavone ha sottolineato come i bambini, a differenza degli adulti conoscono ed esperiscono il mondo materiale e sociale principalmente attraverso il movimento e l’imitazione, guidati <<da una fiducia immensa nell’uomo>>. Verso i 6-7 anni i bambini iniziano a manifestare le proprie preferenze attraverso il <<mi piace/non mi piace – lo faccio/non lo faccio>> e intorno ai 12-13 anni esprimono il proprio volere personale: <<faccio quello che voglio io>>.

L’intervento di Pavone ha focalizzato l’attenzione soprattutto sul fatto che nei primi anni <<la libertà di coscienza del bambino la esercita l’adulto>>. E’ da questo concetto saliente che dovrebbe dispiegarsi un’attenta riflessione sui metodi educativi che vengono proposti all’infanzia (e non solo). Occorre quindi domandarsi se tali metodi, davvero riconoscano il bambino come <<portatore di talenti>> o se invece esista un obiettivo indiretto di <<plasmare il bambino a servizio dell’esistente>>.

Riflettere su queste parole, invita anche a ragionare sulla dimensione sociale dell’educazione e su ciò che dovrebbe essere oggetto di apprendimento. A tal proposito, Sabino Pavone cita le parole Jacques Delors, in merito a quattro fondamentali tipi di apprendimento:

Imparare a conoscere, Imparare a fare, Imparare a vivere insieme, Imparare ad essereJaques Delors

Libertà di imparare ad essere attraverso l’esperienza

“Imparare ad essere” è un percorso imprescindibile dall’acquisizione di strumenti attraverso i quali conoscere il mondo. E’ necessario per poter operare all’interno di esso, esprimendo la propria creatività e personalità, rispettando la dimensione comunitaria dell’esistenza umana.

Ecco cosa dovrebbe insegnare la scuola: educare al fine di trasmettere alle nuove generazioni questi quattro tipi di apprendimento. Ciò significa andare oltre alle lezioni frontali, a programmi didattici prestabiliti governati da tempi rigidi, interrogarsi su metodi idonei al “tramandare la conoscenza” al di là dell’utilizzo di libri di testo.

L’apprendimento dovrebbe quindi basarsi sull‘esperienza, su attività che vengano “vissute”, che integrino dimensione cognitiva, emotiva e corporea. Come ha evidenziato Pavone, esistono tre verbi nella lingua italiana con i quali si può esprimere l’impronta lasciata dentro di noi dall’esperienza:

  • Rammentare: la memoria della mente
  • Ricordare: la memoria del cuore
  • Rimembrare: la memoria del corpo

Rispettare la volontà, significa rispettare l’unicità dell’individuo, la sua personalità, le sue predisposizioni. Significa superare il divario tra i differenti risultati scolastici dei bambini, dovuto a standard prestabiliti, che diventano una giustificazione per l’etichettamento di una “diversità” basata su prestazioni, andando a violare il diritto alla <<dignità dell’autonomia>> e limitando al singolo la libertà di espressione dei propri talenti.

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